Scuola di Vino Lezione 9: LIBANO

Eccoci ad un nuovo appuntamento con la nostra scuola di vino! Sapevi che nel Libano si producono dei grandi vini? Ti piacerebbe bullarti con gli amici portando loro un vino libanese? Probabilmente, prima ti guarderebbero storto magari prendendoti in giro, poi sarebbero costretti a fare una penosa retromarcia una volta “acceso” Google. Scherzi a parte, sapere che qui puoi trovare delle eccellenze a livello mondiale come il Château Musar è basilare per la tua crescita di winelover consapevole e “acculturato”. Ti lascio al solito estratto dal nostro libro “Metri de Ombre” (qui il link). Buona lettura! 

Libano

Al pari di Israele e Sudafrica, avresti mai detto che qui si produce vino? Non solo, e se ti dicessi che qui si produce uno fra i vini più apprezzati e riconosciuti a livello mondiale? Non è proprio quella che chiamo affettuosamente una “chicca”, perché Château Musar è ormai una realtà solida ed affermata nel panorama internazionale, nonostante il fatto che molti pseudo-intenditori non lo conoscano. Anzi potrebbe essere una bella domanda da porre al solito “so tutto mì”, dopo che ha tenuto banco per tutta la cena, parlando del Cristal o della serata indimenticabile dei vini da 100 punti di Robert Parker, o di quanto sia buono il Sassicaia 1985. In quei casi, in genere si formano 2 gruppetti: il primo di gente incantata pronta a mettergli la corona in testa, essendo diventato il loro nuovo guru al quale chiedere sempre consiglio. Il secondo di gente che non gliene può fregare di meno e che “annusa” che molto spesso la quantità di parole è inversamente proporzionale alla conoscenza. Chiedere cosa ne pensa ad esempio dei vini libanesi, potrebbe fare cascare il palco o giocare a suo favore per il fatto che magari conosce davvero la materia.

Dunque in Libano si produce molto vino?
Non proprio… Chiaramente il Libano ha avuto una storia travagliata, oltre al fatto che la religione islamica praticata al suo interno non ha mai aiutato lo sviluppo del settore. Un punto di svolta è stato però nel periodo fra le 2 guerre mondiali, quando divenne un protettorato francese. Sebbene la storia della coltivazione della vite qui sia millenaria, si incominciarono ad importare vitigni francesi assimilando anche per molti aspetti la loro mentalità nella conduzione della vigna e nelle tecniche di produzione del vino.
Anche il clima non aiuta, essendo caldo ed arido. Quasi tutta la produzione si concentra ad un paio di ore d’auto da Beirut, nella Valle della Bekaa, dove le temperature scendono grazie all’altitudine che oltrepassa i 1000 metri e le piogge si fanno sufficienti per garantire una produzione di qualità.

 Quali vitigni vengono coltivati?
Considera che l’influenza francese è stata fondamentale per lo sviluppo del settore vinicolo moderno, dunque i vitigni coltivati sono fondamentalmente francesi. Dagli immancabili merlot e cabernet sauvignon, passando per i GSM CC per arrivare ai bianchi chardonnay, sémillon e sauvignon. Lo Château Musar bianco, usa invece un paio di vitigni autoctoni dal nome impronunciabile che dicono derivino dal sémillon e dallo chardonnay.

Cosa devo sapere in merito allo Château Musar?
La cantina fu fondata da Gaston Hochar negli anni ’30, dopo numerosi viaggi a Bordeaux nei quali acquisì la competenza e mentalità per produrre vini di impronta francese in Libano, che furono molto apprezzati dagli ufficiali delle truppe qui stanziate. La vera svolta avvenne negli anni ’50, quando il figlio Serge tornò da Bordeaux e da allievo del celebre enologo Emile Peynaud prese le redini dell’azienda per elaborare un grande rosso di impronta bordolese. La consacrazione definitiva avvenne nel 1984, quando la celebre rivista “Decanter” lo nominò uomo dell’anno grazie alla produzione di vini eccellenti, nonostante la guerra civile in corso. Serge è scomparso nel 2014, ad ogni modo l’azienda è saldamente in mano ai figli ed al resto della famiglia Hochar.

Ma cos’ha di speciale questo vino?
Innanzitutto fare un prodotto di eccellenza in condizioni difficili come quelle vissute dal Libano negli ultimi decenni meriterebbe una medaglia al valore. Oltretutto dal 2006 operano in regime biologico e, seguendo la mentalità francese, il vino viene prodotto con il minimo intervento da parte dell’uomo, usando lieviti spontanei e seguendo i principi dei vini naturali “Triple A”. Lo Château Musar è il risultato di un taglio di CCC (cabernet sauvignon, carignan, cinsault). Vinificati separatamente, dopo la fermentazione e la malolattica in vasche di cemento, vengono trasferiti in barrique dove riposano per un anno assieme alle loro fecce. Successivamente vengono assemblati e riposti in vasche di cemento dove riposano ancora per qualche mese, per poi essere imbottigliati (senza filtrazioni), iniziando un lunghissimo affinamento in bottiglia per 4 anni (!) nelle buie ed immense cantine della tenuta.

Cosa significa “Triple A”?
È un movimento nato per produrre vini seguendo i ritmi della natura. I produttori devono essere: Agricoltori, Artigiani ed Artisti e si battono contro l’utilizzo dei prodotti chimici e dei lieviti selezionati di laboratorio. Insomma, la loro “mission” è quella di produrre vini che siano espressioni del territorio, del vitigno e della personalità del produttore, contro la standardizzazione dei vini molto presente nei prodotti più “industriali”. Gli aderenti devono seguire una serie di regole che qui copio/incollo dal loro sito:

I vini Triple A possono nascere solo:

  • da una selezione manuale delle future viti, per una vera selezione massale.
  • da produttori agricoltori, che coltivano i vigneti senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi rispettando la vite e i suoi cicli naturali.
  • da uve raccolte a maturazione fisiologica e perfettamente sane.
  • da mosti ai quali non venga aggiunta né anidride solforosa né altri additivi. L’anidride solforosa può essere aggiunta solo in minime quantità al momento dell’imbottigliamento.
  • utilizzando solo lieviti indigeni ed escludendo i lieviti selezionati.
  • senza interventi chimici o fisici prima e durante la fermentazione alcolica diversi dal semplice controllo delle temperature. (Sono tassativamente esclusi gli interventi di concentrazione attuati con qualsiasi metodo).
  • maturando sulle proprie “fecce fini” fino all’imbottigliamento.
  • non correggendo nessun parametro chimico.
  • non chiarificando e filtrando prima dell’imbottigliamento.

 In concreto, perché dovrei acquistarlo?
Perché, nonostante tutto, il costo sui 50 euro non è poi così elevato, considerato il calibro del vino. Se ad esempio sarete in 4, con 12,5 euro berrete 2 bicchieri di un grande vino! Ho avuto la fortuna di degustare in più occasioni lo Château Musar rosso, fu anche organizzata una serata dedicata al ristorante “Ecc.mo” di Motta di Livenza, con la presenza dell’importatore. Lo considero uno dei vini che mi ha più impressionato, ma ti rimando alla fine del libro per la degustazione completa nella parte dedicata ai miei vini preferiti. Per la stessa cifra, trovi anche lo Château Musar bianco, se ricordi prodotto con 2 vitigni autoctoni ed è un gran bel bere anche in questo caso! Ho sbirciato sugli appunti di Erica, che testuale un paio di anni fa scrisse per l’annata 2007: “Giallo dorato – molti profumi: cipria, mela cotogna, minerale, zenzero, spezie – notevole come profumi, anche frutta esotica, agrumato. In bocca mi piace tantissimo, vellutato, persistente, “papaioso” (?), sempre quell’odore del rossetto della zia Carla (???)”.  Al di là del fatto che chiederò lumi sul rossetto della zia Carla e sul gusto papaioso, è evidente che se un vino ti regala tutte queste sensazioni, ha fatto centro!

 Argomento terminato?
Sì, aggiungo solo che nel caso non lo sapessi, la cucina libanese è fantastica e molto salutare! Molte volte portano a centro tavola un cesto di verdure crude tagliate a pezzetti da immergere in pinzimonio. I ristoranti libanesi sono molto diffusi nelle grandi città e quando giro la prima cosa che faccio è cercarne qualcuno nei dintorni. Specialità come: hummus, moutabal, tabbouleh, fattoush, falafel, moussaka, shawarma di varie carni, specialità alla griglia ecc…, sono sempre una gioia per il palato da abbinare a qualche buon vino libanese. Mi ricordo una volta, in centro a Tours, ordinammo un Château Kefraya “Les Breteches” dall’ottimo rapporto qualità/prezzo, anche se il lemon-mint che fanno in molto ristoranti in giro per il mondo si sposa benissimo con molte loro preparazioni.

 

Filed under Lebanon

Passionate about wine since childhood, when with my teeth I punctured the plastic cap of my Dad’s mini liquor bottles or when I got drunk by Franciscan Monks after church. I was five and since I enjoyed the first, I drank also the second glass… For me wine is just a passion to share with other people, that allows me to spend beautiful moments and to discover places that otherwise I never would have visited. Since I also love food, I’m going to discuss not only about wines, but I’ll be glad to share with you my favourite restaurants all around Italy. Stay tuned!

Leave a Reply